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Storia dei numeri

Il concetto di numero risale presumibilmente agli albori della civiltà. Rappresentare una quantità con un simbolo ha permesso al pensiero umano di raggiungere mete prima impensabili. La possibilità di indagare in ambiti non direttamente collegati all'esperienza o ai sensi, come ad esempio la decimilonesima cifra decimale di pi greco, è dovuta alla nascita dell'astrazione matematica.

Uno dei reperti più interessanti dell'archeologia, dal punto di vista della matematica, è stato rinvenuto a Ishango, sul lago Edoardo al confine tra Zaire e Uganda. Si tratta di un manico in osso, ora al Museo di Storia Naturale di Bruxelles, risalente a circa ventimila anni fa (periodo neolitico), il quale riporta incisioni in numero diverso disposte in gruppi, divisi in tre righe, come riportato di seguito:

  • riga a): 9 19 21 11 - totale 60
  • riga b): 19 17 13 11 - totale 60
  • riga c): 7 5 5 10 8 4 6 3 - totale 48

Sebbene non vi sia accordo tra gli studiosi sulla natura delle incisioni, si può quasi sicuramente affermare che la popolazione neolitica di Ishango possedeva il concetto di numero.

Table of contents
1 Origini
2 Il concetto di numero nell'antica Grecia
3 Il numero nell'Antico Egitto
4 Il numero nelle culture dell'Antica Mesopotamia
5 Influenza della cultura vedica
6 Il numero in Cina
7 I Maya
8 Il numero nella cultura Inca
9 La cultura araba
10 Dal Medioevo alla moderna teoria dei numeri

Origini

Vi sono reperti più antichi ancora che riportano tacche disposte in gruppi: una fibula di babbuino trovata a Lelembo, nello Swaziland risalente a 37.000 anni fa riporta 29 tacche, mentre una tibia di lupo trovata in Cecoslovacchia di cinquemila anni più antica riporta 57 incisioni disposte a gruppi di cinque. Tuttavia l'asimmetria delle incisioni sull'osso di Ishango fa supporre un qualche utilizzo dei numeri per fini diversi dal mero conteggio.

Alcune popolazioni neolitiche, ad esempio i Gumulgal australiani, contavano in base 2, ossia in sistema binario. Questo rendeva difficile contare per grandi numeri: ad esempio i citati Gumulgal contavano così:

1 = urapon
2 = ukasar
3 = ukasar-urapon
4 = ukasar-ukasar
5 = ukasar-ukasar-urapon
6 = ukasar-ukasar-ukasar
7 = ukasar-ukasar-ukasar-urapon

Altri sistemi binari avevano parole speciali per 3 e 4, così 6 e 8 diventavano "2 volte 3" e "2 volte 4", di fatto una rozza base 5; tuttavia era sempre disagevole maneggiare grandi quantità. Entrambe le versioni del sistema in base 2 furono rinvenuti in Australia, ma anche in Africa e Sud America. Altre basi vennero utilizzate successivamente: numerazioni in base 10 e 20 sono le più diffuse, tuttavia anche la base 12 e la base 60 ebbero successo, tanto che ne conserviamo le tracce nel sistema di misura imperiale e nella misura di angoli e tempo. Mentre basi 2, 5 10 e 20 sono suggerite dalla fisiologia umana, 12 e 60 sembrano suggerite da scopi utilitaristici: 12 è divisibile per 2, 3, 4 e 6 mentre 60 per 1, 2, 3, 4, 5, 6, 12, 15, 20 e 30. Da notare che il 7 non compare, e in effetti ebbe significati particolari, anche religiosi, presso i popoli antichi.

Tra le prime testimonianze certe dell'utilizzo di concetti numerici avanzati vi sono le tavole numeriche babilonesi, elenchi di numeri utilizzati per calcoli astronomici e di agrimensura risalenti al X secolo AC, e il Sulvasutra indiano, di datazione incerta ma comunque anteriore al VI secolo AC. Tuttavia nelle culture dell'antica Mesopotamia esistevano tabelle per le addizioni e le sottrazioni già durante il regno di Sargon I, intorno al 2350 AC. I documenti dell'Antico Egitto più significativi sono il papiro di Ahmes o Ahmose, dal nome dello scriba che lo compose nel 1650 AC circa, e il papiro di Mosca, risalente al 1850 AC circa. In totale questi papiri presentano 112 problemi con le relative soluzioni. Il papiro di Ahmes è noto anche come papiro matematico Rhind, dal nome del collezionista che lo acquistò per poi donarlo al British Museum di Londra nel 1858. Il secondo viene invece conservato nel Museo delle Belle Arti di Mosca, dove arrivò intorno alla metà del XIX secolo. Tuttavia Ahmes ci dice che il suo materiale è tratto da un documento anteriore, e fa risalire l'originale ad Imhotep, medico e architetto del faraone Djoser della III dinastia, e quindi al 2650 AC circa.

Alcuni particolari comuni tra il Sulvasutra e gli Elementi di Euclide fanno pensare ad una derivazione diretta o ad un comune retaggio. Ad esempio entrambi utilizzano la media geometrica per la quadratura del rettangolo, ossia la costruzione di un quadrato di area equivalente a quella di un rettangolo dato. Questo metodo non è né il più semplice né il più istintivo.

In pratica, si sottrae al rettangolo di dimensioni a e b (in rosso) un rettangolo di dimensioni pari alla metà della differenza tra a e b (in azzurro), e lo si trasporta sopra il lato opposto, ruotato di 90°. L'area del rettangolo risulta allora pari alla differenza tra il quadrato grande, di lato e quello più piccolo (nero) di lato . La costruzione di un segmento pari a è mostrata in figura: si tratta di tracciare l'arco di cerchio dalla base, ad una distanza con apertura fino ad intersecare il lato del quadrato in verde. Il cateto maggiore del triangolo rettangolo ottenuto sarà della lunghezza cercata.

Il concetto di numero nell'antica Grecia

In Grecia, da subito il numero ha avuto un posto centrale nella filosofia: dall'Uno di Parmenide e Filolao ai numeri triangolari, pentagonali, piani e solidi dei Pitagorici, passando per la concezione platonica del numero come oggetto concreto del mondo delle idee.

Uno scoglio insolubile nella visione prettamente aritmetica, basata cioè sugli interi, della matematica antica fu la dimostrazione dell'incommensurabilità della diagonale di un quadrato e del suo lato.

Non esistono, cioè due interi p e q, primi tra loro, tali che
(1)                
Lo si dimostra con un semplice ragionamento. Poiché il quadrato di un numero dispari é dispari, p deve essere pari, in quanto pari al doppio di una quantità intera, . Possiamo porre quindi , e sostituendo nella (1), otteniamo . Ciò è assurdo, in quanto per ipotesi p e q erano primi tra loro, mentre invece risultano avere in comune il fattore 2.

Il fallimento del ricondurre la natura al pitagorico "\Tutto è numero" porta i Greci a (ri)fondare la loro matematica sulla geometria, dicendo dunque "Tutto è forma": tanto è vero che una tradizione (incerta) tarda dice fosse scritto sul portale dell'Accademia di Platone "Non entri chi non è Geometra", e Plutarco ci riporta una massima di Platone: "Il Dio geometrizza sempre".

Solitamente si fa partire la storia della matematica occidentale dalla Grecia, ma bisogna tener presente che già nel III millennio AC Egiziani e Sumeri avevano ben chiaro il concetto di numero, e sapevano maneggiare agevolmente i concetti fondamentali non solo dell'aritmetica e della geometria, ma anche dell'algebra. Inoltre non solo Pitagora studiò ad Alessandria d'Egitto, centro del sapere egiziano, ma fecero studi in Egitto gli stessi Talete, Erodoto, Diodoro Siculo, Strabone e secondo Platone, anche Socrate.

Il numero nell'Antico Egitto

La matematica egizia utilizzava la base 10, ed utilizzava simboli per le potenze di 10 da 1 a 107. I geroglifici utilizzati erano:
1 = un tratto di corda verticale
10 = una corda a ferro di cavallo
100 = una corda arrotolata a spirale
1000 = un fior di loto, ma anche l'iniziale di khaa, "corda che misura"
10000 = un dito piegato ad uncino
100000 = un girino
1000000 = un uomo a braccia levate
10000000 = il sole nascente, simbolo di Ra

I numeri venivano formati raggruppando i simboli, posti in ordine dal più piccolo a sinistra al più grande a destra. Le moltiplicazioni utilizzavano un sistema che sottindendeva la base due: in pratica si scompone il moltiplicatore in potenze di due, poi si raddoppia il moltiplicando tante volte quante necessario, e infine si esegue la somma. Ad esempio 7 x 13 = 7 x (20+22+23), quindi calcolo
7 x 1 = 7 x 1
7 x 2 = 4 x 1 + 1 x 10
7 x 4 = 8 x 1 + 2 x 10
7 x 8 = 6 x 1 + 5 x 10
Per ottenere il totale, sommo:
7 x 13 = 7 x 1 + 7 x 4 + 7 x 8 = 1 x 1 + 9 x 10

In maniera simile si effettuavano le divisioni: si moltiplicava il divisore, fino ad ottenere dei numeri che sommati erano pari al dividendo, o comunque ne differivano per meno del divisore. Il resto veniva poi rappresentato in forma di frazioni. Queste ultime meritano un cenno: le frazioni erano composte di frazioni unitarie, tranne 2/3, e sul papiro di Ahmes citato troviamo tavole di equivalenza. Ad esempio:


Un dato interessante: queste tabelle davano tutti i rapporti 2/n con n dispari tra 3 e 101. Non contengono nessun errore di calcolo, nonostante la complessità dei calcoli necessari per ricavare i rapporti con i metodi egizi. Vi sono circa 28000 scomposizioni diverse per i rapporti, ma secondo alcuni studi sono stati scelti secondo questi criteri:
  1. con al più quattro frazioni unitarie
  2. preferendo un denominatore pari per la prima frazione unitaria, anche se ciò comporta un maggior numero di frazioni o dal denominatore più grande
  3. utilizzando solo denominatori piccoli, e comunque mai maggiori di 900
(R.J. Gillings, Matemathics in the time of the Pharaos, MIT Press, 1972)

Oltre ai loro metodi aritmetici, gli Egizi sapevano risolvere anche semplici equazioni, conoscevano il metodo per trovare il volume di un tronco di piramide, utilizzavano un valore di π approssimato a 256/81, cioè circa 3,1605.

Anche se nulla ci è pervenuto dei metodi utilizzati per derivare le loro tecniche (la diatriba sulla parentela tra la matematica egizia e greca si fonda proprio su questa assenza), è indubbio che la natura assiomatica della teoria dei numeri greca derivi da prove ed errori, non certo come rivelazione folgorante nella sua interezza. Ed è probabile che lo spunto per indagare sugli assiomi sia derivato proprio dal voler spiegare le tecniche di calcolo egizie.

Il numero nelle culture dell'Antica Mesopotamia

Tornando nell'area mesopotamica, l'interpretazione dei numeri era strettamente aritmetica, basata cioè sul numero intero, e su procedimenti algoritmici. Inoltre era utilizzato il sistema sessagesimale, eredità che ci è giunta nella la misurazione di angoli e tempo. Nella tavoletta conservata a Yale, si illustra il metodo per trovare le radici di un'equazione di secondo grado nella forma x2 + bx = c:

Un rettangolo ha la lunghezza maggiore di 7 alla sua larghezza. L'area del rettangolo è 1,0 (60). Trovare lunghezza e larghezza

Questo problema corrsisponde, in termini moderni, all'equazione x2 + 7x = 60
Procedimento
  1. Dimezza 7, di cui la lunghezza supera la larghezza: ottieni 3:30
  2. Moltiplica insieme 3:30 per 3:30: ottieni 12:15
  3. Somma 1,0, l'area, a 12:15: ottieni 1,12:15
  4. Trova il lato del quadrato di area 1,12:15: ottieni 8:30
  5. Traccia il quadrato di lati 8:30 e 8:30, aggiungi 3:30 ad uno e sottrailo all'altro
  6. Lunghezza e larghezza sono 12 e 5

In pratica la formula risolutiva utilizzata è:

Simili procedimenti permettevano il calcolo di radici dell'equazione x3 + bx2 = c, grazie ad alcune tabelle che contenevano i valori di n3+n2 per tutti i valori di n (in sessagesimale) tra 0:1 e 40:50.

Notevole è la manipolazione di concetti numerici senza alcuno degli ausili algebrici a noi noti, basandosi solo su processi algoritmici.

Influenza della cultura vedica

Il numero in Cina

I Maya

Il numero nella cultura Inca

Il segreto della matematica inca è stato scoperto, quasi per gioco, dall'ingegnere Nicolino de Pasquale, di Pescara. Essi basavano la loro aritmetica su base 40, anzichè su base 10. Per i calcoli utilizzavano la yupana: essa consisteva di varie vaschette su più file, in cui venivano posizionati fagioli o sassi. Nella fila inferiore, la vaschetta di destra valeva 1 e conteneva massimo una pallina, la successiva ne conteneva 2 di valore 2, la terza 3 di valore 3, la quarta 5 di valore 5. Il totale era dunque . Nella fila superiore, i valori dei sassi nelle vaschette venivano moltiplicati per 40, quindi erano 40, 80, 120 e 200, e così via per le file superiori.

Al contrario dei Maya, gli Inca non utilizzavano dunque lo zero, e un numero poteva essere rappresentato in più modi.

La cultura araba

(sezione ancora da scrivere)

Dal Medioevo alla moderna teoria dei numeri

(sezione ancora da scrivere)

Letture consigliate

  • GNOMON, Un'indagine sul numero, Paolo Zellini, Adelphi, 1999, ISBN 8845915018
  • C'era una volta un numero, George Gheverghese Joseph, il Saggiatore, 2003, ISBN 8851521182


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